I casi:
Ai fini della responsabilità medica, la completa e corretta informazione non è un dato che può desumersi dalla mera sottoscrizione di un modulo del tutto generico. Il medico (e la struttura nell'ambito della quale egli agisce) debbono invece fornire, in modo completo ed esaustivo, tutte le informazioni scientificamente acquisite sulle terapie che si vogliono praticare, o sull'intervento chirurgico che si intende eseguire, illustrandone le modalità e gli effetti, i rischi di insuccesso, gli eventuali inconvenienti collaterali.
Cass. Civ., Sez III, 9.12.2010 n. 24853
L'erronea diagnosi di una patologia va ad elidere il consenso prestato dal paziente all'intervento chirurgico reputato necessario dai medici in conseguenza della patologia riscontrata (fattispecie relativa all'azione intrapresa da una donna per vedere riconosciuto il risarcimento dei danni per i postumi invalidanti permanenti seguiti ad un'operazione chirurgica).
Cass Civ, Sez III, n. 4030 del 2013
L'Asl è tenuta a risarcisce anche il danno morale al paziente che contrae un'infezione in ospedale, al di là della configurabilità o meno del reato di lesioni colpose. La responsabilità dell'azienda, infatti, può ben essere affermata in base all'inadeguatezza delle strutture: la serie causale innescata dalle condizioni di scarsa igiene dell'ospedale ha inciso nella sfera dei diritti fondamentali del danneggiato, legittimando, dunque, il risarcimento del danno.
Cass. Civ., Sez III, n. 24401 del 2010
Versa in colpa - per imperizia, nell'accertamento della malattia, e negligenza, per l'omissione delle indagini necessarie, sia al fine di dissipare dubbi circa la esatta diagnosi del male portato dal paziente, sia per individuare la terapia di urgenza più confacente al caso - il medico il quale, in presenza di sintomatologia idonea a porre una diagnosi differenziale, rimanga arroccato su diagnosi inesatta, benché posta in forte dubbio dalla sintomatologia, dalla anamnesi e dalle altre notizie, comunque, pervenutegli, omettendo così di porre in essere la terapia più profittevole per la salute del paziente.
Cass., Pen., Sez IV, n. 1716 del 2012
Se nel corso della diagnosi prenatale le malformazioni fetali non sono rilevate dal medico, e se quest'ultimo non osserva l'obbligo di informare la paziente sui rischi legati alla gravidanza, si determina una lesione del diritto di autodeterminazione procreativa della donna, con conseguente risarcimento del danno non patrimoniale.
Trib. Roma. Sex XIII del 11.04.2011
Nell'ipotesi di erronea omissione della diagnosi di un processo morboso terminale, che abbia comportato un ritardo nell'esecuzione di un intervento chirurgico il quale avrebbe avuto effetti palliativi e avrebbe aumentato la probabilità di sopravvivenza per alcuni mesi o settimane in più rispetto al tempo vissuto, il paziente ha diritto al risarcimento del danno per la perdita della doppia chance di vivere meglio durante il decorso della malattia e di vivere più a lungo.
Cass. Civ, Sez. III, n. 23846 del 2008
In caso di errata diagnosi mortale, anche la moglie del paziente può avere diritto ad un risarcimento del danno, atteso che l'illecito può esplicare a carico degli stretti congiunti una sua potenzialità lesiva autonoma, venendo così ad assumere una valenza plurioffensiva, sì da poter essere considerato come causa immediata e diretta non solo del danno subito dalla vittima, ma anche di quello subito dal congiunto.
Cass. Civ., Sez. III, n. 14040 del 2013
È ravvisabile la responsabilità professionale per colpa del medico, sanitario della Asl - e conseguentemente la responsabilità per risarcimento danni in capo alla Asl - nell'ipotesi di mancato ricovero d'un paziente, seguito dal decesso dello stesso, a causa dell'errata diagnosi circa la infermità (nella specie, il medico di turno nel pronto soccorso ha imputato a tracheite i dolori toracici accusati dal paziente cui è stato negato il ricovero sebbene dovesse sospettarsi la cardiopatia che più adeguati accertamenti avrebbero ricollegato a infarto, sicché l'unica speranza di salvezza sarebbe stata offerta dall'immediato ricovero).
Trib. Roma 01.08.2001
Sussiste la responsabilità del medico, a cui è affidato il controllo del paziente nella fase postoperatoria, qualora venga dimostrato che dalla scorretta interpretazione dei sintomi mostrati e delle analisi in merito disposte, nonché dalla conseguente insufficiente indagine posta in essere in relazione alle complicanze intervenute a seguito dell'intervento chirurgico, sia dipeso il ritardo nell'intervento di rianimazione che, se tempestivo, avrebbe consentito, con elevato grado di probabilità, la sopravvivenza del medesimo. (Nel caso di specie, il Tribunale ha condannato il medico responsabile del letto di degenza e il Primario del reparto che aveva prescritto un intervento di chemioembolizzazione - intervento consistente nell'inserimento, tramite introduttore, di un catetere generalmente nell'arteria femorale, per la somministrazione di chemioterapia e la pratica dell'embolizzazione - i quali si erano occupati del paziente nella fase postoperatoria, quando lo stesso subiva uno shock emorragico e decedeva anche a causa della ritardata richiesta di intervento del rianimatore, mandando, invece, assolto il terzo medico imputato che aveva correttamente eseguito l'intervento, considerato che sino al ritorno del paziente in reparto nessun segnale avrebbe potuto far presagire il peggioramento delle condizioni).
Trib. Milano 24.09.2011
In tema di responsabilità del medico, nell'ipotesi di asserita colpa medica, l'attore (paziente) dovrà allegare l'inadempimento qualificato e l'evento non desiderato (lesione del bene salute); spetterà invece al convenuto (sanitario o struttura ospedaliera) l'onere di provare o il corretto adempimento o la non imputabilità dell'evento non desiderato all'inadempimento.
Trib. Milano Sez V n. 7046 del 2010